Michel Klamph, volontaria della TPRF, ha la passione di aiutare le persone e di lavorare armoniosamente in squadra per raggiungere obiettivi umanitari. Michel svolge il suo attuale ruolo di Direttrice internazionale delle Comunicazioni per il Peace Education Program (PEP) portando con sé la sua ricca e vasta esperienza di trentacinque anni di lavoro nel campo del sociale.
Arrivare al nostro seminario di Educazione alla Pace il 31 ottobre 2013, in mezzo alla nebbia e alla pioggia, è stato entusiasmante. Ci sono stati molti giorni di bruttissimo tempo nel periodo in cui, ogni giovedì, viaggiavamo da Toronto a Milton per raggiungere il carcere femminile Vanier. Nel penitenziario c’erano 338 detenute e l’Unità 4 ospita le donne in attesa di processo o di ulteriori condanne.
Io e la mia collega Emily McLaughlin siamo arrivate presto per posizionare il DVD. Nella sala del programma c’era posto per dodici persone più due volontari, e sei donne si erano già registrate per seguire il PEP. La guardia ha chiamato i loro nomi, poi ha esteso l’invito alle altre. Dodici detenute si sono così riunite attorno al tavolo, di fronte a un piccolo televisore, per vedere il primo video del PEP.
All’inizio del seminario le detenute erano molto sfacciate. Battevano con entusiasmo sul tavolo e concordavano con Prem Rawat urlando “Sì!” e “Giusto!” Ma alla terza o alla quarta sessione diventarono più tranquille. Un gruppo di loro aveva frequentato con più costanza la maggior parte del corso; erano diventate molto riflessive e partecipavano alle conversazioni raccontando la propria esperienza.
Una donna di origini indiane ha detto: “Io lo conosco. Parla in televisione nella mia lingua” (in Canada la trasmissione di Prem Rawat Words of Peace è sui canali via cavo in Hindi e in Tamil).
Altri commenti sono stati:
“Prima non avevo mai avuto davvero pace nella mia vita e adesso eccomi qua. Non credevo fosse possibile, invece è così: qui in prigione… in me.”
“Credevo che questo corso fosse in conflitto con la mia religione, invece non c’è differenza. Riguarda la pace.”
“Ha tenuto un discorso in una prigione. Che cosa posso fare per invitarlo qui?”
A causa di processi e sentenze, le partecipanti dell’Unità 4 erano continuamente trasferite. Alcune dovettero andare nell’Unità 3, che ospita le detenute condannate all’ergastolo. Altre hanno continuato il corso con noi nell’Unità 4, e c’è stata un’alternanza di donne che partecipavano solo una volta o due, lasciavano la struttura o semplicemente abbandonavano il corso. Al termine delle undici sessioni, quattro detenute hanno ricevuto un attestato per aver frequentato almeno al 75% del seminario e sono state invitate a riempire un questionario sul corso. Una di loro ha colto l’essenza di ciò che molte altre avevano affermato e ha scritto: “Ho imparato che la pace è dentro di me anche se sono in prigione.”
Il direttore del programma, visto il riscontro positivo e l’entusiasmo delle prime partecipanti, ci ha invitato a tornare per condurre un PEP nell’Unità 3 il giovedì mattina e continuare nell’Unità 4 il giovedì pomeriggio.
Mentre camminavo con Emily a fianco alle detenute che marciavano lungo il corridoio principale della prigione, una di loro ha detto: “Guarda, ci sono le signore della pace!”
Il cambiamento che è avvenuto in alcune partecipanti mi ha molto colpito. Durante la prima sessione, mentre Prem Rawat si soffermava sull’effetto positivo che il suo messaggio sta avendo nelle carceri di tutto il mondo, una detenuta ha chiesto: “Si può fermare il video e rivedere questo pezzo?”
Prem Rawat nomina spesso i detenuti ai quali ha parlato:
“Non li considero persone che hanno fatto delle cose sbagliate. Sono andato a vedere degli esseri umani, non dei prigionieri… E anche se si trovavano dietro le sbarre, che considererei una situazione tra le più disperate, quando ho chiesto loro di essere consapevoli della loro esistenza hanno trovato la speranza; hanno trovato libertà e pace. E hanno trovato la passione. Soprattutto, hanno trovato se stessi.”
Una delle guardie ha detto: “Le donne sorridono sempre quando escono dalla sala.”
In questo posto ci sono talmente tante misure di sicurezza che persino le torte devono passare dei controlli. Ma anche in carcere le detenute stanno celebrando la vita.
CONTINUA…